PRATO (lunedì 29 luglio 2024) – Nelle carceri italiane, dall’inizio dell’anno a oggi, si contano sessanta suicidi tra i detenuti e sei tra gli agenti penitenziari. L’ultimo è quello di sabato 27 luglio, nel reparto di media sicurezza della Dogaia. La vittima è un ventisettenne, trovato in fin di vita da un agente e morto poco dopo l’arrivo all’ospedale di Prato.
di Mattia Mezzetti
“E’ una strage infinita, una vergogna generale. Il dramma del ventisettenne che si è ucciso a Prato è il dramma di tutti i detenuti. Nelle carceri italiane il sovraffollamento, per assurdo, diventa marginale. Manca tutto, soprattutto il rispetto del dettato costituzionale secondo il quale la pena deve rispondere a criteri di umanità e tendere alla rieducazione.”
È il commento, durissimo, del garante dei detenuti della Toscana, Giuseppe Fanfani. Un nuovo dramma si consuma nei giorni di rivolte generali negli istituti carcerari italiani. Nel fine settimana abbiamo assistito a quelle di Roma e Biella, ma anche la Dogaia è stata teatro, nella serata di venerdì, di un tentativo di rivolta soffocato, non senza fatica e timori, dagli agenti. Il ventisettenne che si è ucciso a Prato, impiccandosi, proveniva da Viareggio.
Sposato con figli, era in carcere per scontare condanne per rapine e furti. Il suo fine pena era fissato nel 2032. Qualche mese fa non era rientrato dopo un permesso e, una volta rintracciato e arrestato, era stato denunciato per evasione.
Le condizioni all’interno delle carceri sono difficili e dure per tutti, compresi gli agenti costretti a fare i conti con il problema principe: la carenza di organico. Ma anche con il sovraffollamento, che rende particolarmente complicato il controllo e la gestione, e con la rabbia dei detenuti che cresce giorno dopo giorno.