Il piccolo chiostro romanico della cattedrale di Prato ha bisogno di un restauro. Per riportarlo all’antico splendore, si procederà alla stessa maniera delle superfici lapidee, già recuperate. Parliamo delle pietre che compongono le undici arcatelle in marmo bianco e quelle in serpentino verde, più robuste. Ambedue provengono dall’antica struttura e risalgono al XII secolo. Un intervento di pulizia e conservazione non è ormai più rimandabile.
di Mattia Mezzetti
Restaurare non è una passeggiata. Quando si trattano materiali così antichi e pregiati, il rischio di rovinarli durante il trattamento è elevato. Per tal motivo, prima di iniziare è bene sottoporre tutto a un’analisi approfondita. Nel caso delle pietre del chiostro, questa fase del lavoro sarà assegnata alla Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (SUPSI). L’ente offre ai suoi studenti, tra gli altri, un corso di laurea in Restauro e Conservazione.
I docenti Stefano Volta e Francesca Piqué hanno visitato nei giorni scorsi la città di Prato, portando con loro un gruppo di 15 futuri restauratori, e hanno avuto modo di visionare i manufatti, verificare gli interventi pregressi e indagare le cause del degrado.
“I primi risultati mostrano una situazione particolarmente difficile, soprattutto per quel che riguarda il degrado della pietra verde di Prato, dovuto agli agenti atmosferici, quali pioggia e umidità, e alle attività di cristallizzazione dei sali presenti.”
Ha affermato Piquè. La SUPSI ora avanzerà una proposta di intervento di conservazione, che la Soprintendenza potrà poi accogliere o rifiutare.
Tag: cultura, prato, turismo Last modified: Marzo 20, 2024