Era una banca con sede principale a Firenze e filiale a Prato che si rivolgeva principalmente a imprenditori orientali. Il servizio principale offerto dall’istituto di credito era quello di spostamento di denaro, dall’Italia alla Cina o viceversa. L’intera operazione, però, era illegale. Per tal motivo, la procura fiorentina ha rinviato a giudizio dodici cittadini cinesi.
di Mattia Mezzetti
Tra il 2020 e il 2021, nel giro di 6 mesi, la sedicente banca avrebbe spostato 3 milioni di euro verso la Cina e lo avrebbe fatto richiedendo il 2,5% di ciascuna somma inviata. Ciò ha fatto scattare le indagini e accusare tutti i coinvolti di associazione per delinquere finalizzata all’esercizio abusivo di attività finanziaria e bancaria. In aggiunta, i coinvolti sono anche indagati per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
Il modus operandi dell’istituto creditizio era semplice. Dapprima accoglieva imprenditori asiatici, generalmente operanti nell’abbigliamento e nella pelletteria, e ritirava il contante da trasferire, senza che gli intermediari abilitati dalla Banca d’Italia, dunque enti di credito veri e certificati, potessero aver modo di tracciarlo. In seguito lo trasferiva sfruttando sistemi di trasferimento denaro online come WeChat o Alipay, che consentono la movimentazione di piccole somme da un conto all’altro, oppure con un elaborato sistema.
Il procedimento coinvolgeva familiari degli imprenditori residenti in Cina, chiamati a garantire e, spesso, ad anticipare all’ente illegale la somma dovuta. Dopo aver completato questo passaggio, si portava fisicamente il contante in Asia nascondendolo in bagagli o spedizioni. Quando il compito del trasferitore si concludeva, il denaro aveva coperto materialmente distanze dell’ordine di migliaia di chilometri, a totale insaputa del fisco del Paese nel quale tale ricchezza era stata prodotta.
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